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Viaggio Oltretomba 2

Racconto di fantasia in Italiano frammischiato con un po' di napoletano. Scritto in versi rimati da Vittorio Gambardella. Come Dante per la Divina Commedia, così io, fatte le dovute distanze, sono stato in Paradiso ricevuto da San Procolo, protettore di Pozzuoli. (Il paese della Sophia Loren.) S'incontrano eroi, personaggi storici, gente importante, e soprattutto Santi, e si scherza con loro, giocando sui nomi e svelando curiosità interessanti.

sabato 29 novembre 2008

Viaggio Oltretomba



In questo capitolo incontriamo: Marco Polo, Don Espedito(un mio vicino che ebbe una storia con una signora) la principessa Diana d'Inghilterra, Madre Teresa di Calcutta, San Paolino, Sant'Oliva, San Clemente, Mosè, Belzebù, Savonarola, ed altri.



Capitolo - II - Inizia il girovagare col mio Vate: San Procolo.



- Buon giorno buon uomo, che volete? - Chiedevo solo se avevate letto il milione!
- Volete dire forse contato? Il milione si conta, si spende e non si legge!
- Signore; parlavo del mio milione: quello che parla della spedizione
in Cina con mio padre Niccolò e mio zio Matteo e l'incontro con chi regge

il potere da quelle parti: "Il Gran Khan!" Io sono Marco Polo!
- Adesso mi ricordo di te! Il libro non l'ho letto, ma di voi Veneziani
ho visto il film. Mi è piaciuto tutto quello che hai fatto, meno un solo
punto: dove dici che gli spaghetti son Cinesi e non Napoletani.

- Lo sai che dopo quel libro ho trovato una pergamena Araba, più antica
del mio viaggio in Cina dove viene spiegato come si fanno gli spaghetti?
- Marco, pure gli arabi; non bastavano i Cinesi? A credere faccio fatica
che sono loro gli inventori; "Noi li abbiamo adottati" e nei banchetti

ci facciamo ciuotti ciuotti! Li sappiamo cucinare in tutte le maniere
e ce li mangiamo alla faccia di quelli che cambiano una dieta a settimana
e sono più grassi di noi. Marco, se riscrivi, ti chiedo un gran piacere:
"Fa finta che la pergamena che hai trovato non è Araba, ma Napoletana!"

- Hai finito? Mo passa ‘a cà ‘a curriera e de magnà s'é fatta quasi l'ora.
Noi ce la pigliamo e ci assettiamo sotto ‘o pergolato addu Giggino:
fa' ciert spaghetti a vongole e cunigli paesani alla cacciatora,
che ti fa’ alliccà 'e dete. E pe’ vevere, tene nu vino asprino

ca pure Dio se fa nu bicchiariello quanno gira per il Bel Paese!
- San Prò, 'o Pullmann! - Curr' 'ncoppa a fermata e dalle a cunferma;
O chauffeur e nu Francese ca tene ‘a capa tosta comme ‘a nu calavrese:
"Vede ca sì Santo, sì vicchiariello: si stai fora fermata nun se ferma!"

- Nun le va plus! Allé plus avant, allé! - Don Espedito?
E che nce facite ncoppe a nu pulmann a fa' l'autista?
E pecché sta' parlutura da Francese, non ho capito?
e Donna Graziella non c'é? Io non l'ho vista?

- Vittò fa finta ca nun mi conosci; sto tentando una fuga d'amore
con la bigliettaia: non l'hai riconosciuta? E' la signora Mir.......
- Certo che mi ricordo, quel fatto fece un gran scalpore:
"Da voi e da quella signora, nessuno s'aspettava quella marrachella!"

San Prò prendete posto; ai biglietti ci penso io. - Io faccio parte del Reame,
dei santi, e i santi non pagano; perciò fa solo uno! - Vittò fanne due se ti preme
di non far brutta figura. Il controllore ‘o fa scennere a stu viecchio! - Due, Madame;
quanto pago? - Niente; ma quando torni giù non dire che ci hai visto assieme!

- Don Espedì; mi ricordo di quando voi e la signora ve ne scappaste,
e volevate riparare in Francia, ma alla frontiera vi arrestarono,
per le denunzie di vostra moglie e del marito di lei. “Abbandono
del tetto coniugale per voi, e adulterio per lei.” Quando ritornaste,

mi ricordo, vi portarono a casa sopra una jep scoperta della polizia,
e la gente vi correva appresso e vi sputava! Facemmo i numeri al lotto
perché fatti così non venivano alla luce: "Voi eravate una primizia!"
Don Espedì erano altri tempi, ora non si capisce niente: é un casotto!

Si gira il mondo senza documenti e la donna può fare come l'uomo!
Adesso che fate; tentate ancora? Ancora nun v'e' passato stu pallino?
- Chesta é a cundanna mia; a tabella e stu pullman dice: "Duomo
Parigi", ma quando stiamo per arrivarci, mi cambiano il rollino

di marcia e o per una cosa o pe' nata, a Parigi nun ci arriviamo mai!
Dimmi na cosa: hai fernuto ‘a ncopp' a fa' rummore? Io sì Don Espedì,
mo' s'é cagnata a scena, o rummore o fa a mugliera vosta casomai,
che se fa saglì ncoppa ‘e vicchiarielli la Domenica e il Giovedì!…

- San Prò ve site addurmentate? Vulite ricere a stu Francese
quanne adda fermà? - Simme arrivé: chauffeur; fermé, fermm!
- Don Vittò je te raccumann; acqua in bocca e bon vojage; a fine mese
je veng e ti ricompenso. - Don Espedì nun venì, se je te vech, tremm!…

- M'I name iss Diana Spencer, ed ebbi per marito Carlo d'Inghilterra:
quel lurido verme che mi tradiva da sempre con Camilla.
Anch'io, mi facevo qualche scappatella quand'ero sulla terra,
non per vizio, ma per vendicarmi, mi divertivo un poco col Gorilla!

Qui dicono che ho avuto per amanti Inglesi, Americani e Marocchini,
e quindi mi hanno messo per condanna su questo marciapiede,
alla mercé di gente senza blasone, alla berlina di grandi e di piccini
aspettando che riapra il caso "Quello che tutto sente e tutto vede!"

- Tu sei in grado di giudicare se il posto assegnatoti non é adeguato?
Vorresti insinuare che Dio ha sbagliato?... - No Eccellenza!
Non mi sento a questa altezza, ma so che chi ha preparato l'agguato
é in vita e si gode i soldi che la gente ha dato a me in beneficenza.

- Senti gentile Principessa, appena mi sarà dato l'agio
di essere al cospetto del "Più Grande", avanzerò richiesta
formale, che sia rivisto il tuo caso; e se ci sta qualche malvagio
che ha voluto la tua morte, puoi starne certa che gli faremo la festa!

- Bravo Procolo! - Chi é che parla? - Sono madre Teresa di Calcutta;
amica in vita e in morte di questa poveretta peregrina,
e ti posso assicurare che contro di lei c'é stata una combutta
di tutti i componenti della famiglia Reale con a capo la regina.

- Teresa, prenderò un appunto, ma anche senza il tuo interessamento,
hai visto che ho preso questo caso a cuore! - Ti ho detto già bravo
Procolo: "Si vede il cuore del Napoletano!" Grazie per il momento,
- E' dovere. E tu Teresa come te la passi? - Non c'è male, me la cavo.

Sono fresca arrivata, e mi hanno dato una palestra, dove insegno
alle consorelle di qualsiasi fede, a tenersi in forma con l'aerobica.
- Teresa con l'età e la scoliosi com'hai fatto? - "Operosità e impegno!"
Con questa ricetta ottieni risultati eccellenti a cui non ci credevi mica!

L'unica difficoltà la trovo a far indossare il Body alle Afgane:
Vogliono fare la ginnastica con vestito che gli copre carne e osse.
Dicono che Maometto non glielo permette, invece ho saputo stamane
che questo giovanotto é fornitore di ragazze, ai locali a luci rosse.

- San Prò, una Principessa é giusto che faccia questa fine?
- Non sono io che scelgo le condanne, ma penso che sia ingiusta!
Però sappi che qui non si fanno (molte) differenze fra Re, Regine,
e la gente comune. Il nostro destino viene sigillato in una busta

alla nascita. Poi la busta s'apre e c'è chi diventa Re e chi spazzino.
Lungo tutta la vita, a seconda di uno come si comporta,
noi gli diamo dei voti. Poi in finale si fa il totale col carboncino,
e chi più voti ha, più in alto sale! Quindi qui, un guardaporta,

può diventare Re, e un Re può benissimamente fare lo spazzino…
- San Prò, cos’è quell’adunata: a occhi e croce saranno centomila?
- "Questo pullasto ce l'arrialato il putecaro Tizio stammatino."
Chi offra? Il signoro baffuto, ha miso mille lire, chi offra duimila?

- Mi sono ricordato San Prò: é "Fierro ‘e cazetta!" Vendeva pasta
e altre offerte fatte alla Madonna ad ogni festa: in una specie d'asta.
Il ricavato andava alla chiesa; e si offriva tanto per un gallo,
quando, con gli stessi soldi si poteva comprare un cavallo.

- San Prò; vedendo un documentario, ho scoperto che in Egitto
viene venerato un San Paolo di Tebe! - E allora; che c'è di strano?
- Strano è come è stato fatto santo. Questo Paolo era cattolico, e l'editto
del console dell'epoca: Decio, lo vietava: perché lui era anticristiano.

Per evitare l'arresto Paolo si rifugiò in una grotta fuori mano e visse
per sessant’anni senza mettere il naso fuori dalla grotta nutrito soltanto
dal pane che ogni dì gli portava un corvo. Non so se là dentro lesse o scrisse
ma di certo la vita a quel povero corvo afflisse. - Non doveva essere Santo?

- San Prò; a parte che non so quanti anni può vivere un corvo;
ma se c'era qualcuno da fare santo era il Corvo: che gli faceva il servo!
Diciamoci la verità: lui là dentro chiuso: “a chi a cacato il cazzo?”
- Essìi! Adesso facciamo santi pure gli animali? Per caso sei uscito pazzo?

- San Prò; Dio ha salvato più animali che uomini dal diluvio: è segno
che li reputa migliori di noi! - Vittò ascoltami bene. Tu ogni tanto
te ne esci con queste domande che neanche se mi mettessi con impegno
ti saprei rispondere: Dio solo sa se è giusto che l'animale non diventa santo!…

- San Prò, io avevo sempre pensato che San Paolino fosse il figlio di San Paolo,
ma non capivo quali dei due fosse il padre. Poi vedendo che questo povero diavolo
ha vissuto in una grotta murato, ho capito ch’era quell’altro. - E come ad ogni istante
non hai capito un cazzo. Non è figlio né dell’uno e né dell’altro: è Santo a sé stante.

- Si dice che parlando del diavolo compaiono le corna: ecco, quello è Paolino!
- Allora posso correre a fargli una domanda? - Pure per questo la tenevi astipata?
- San Prò, io ce l’avrei quasi per tutti, ma il tempo mi è stato dato al lumicino.
- E’ proprio così. Vai, fagli la domanda: voglio sentire proprio quest’altra stronzata.

- San Paolino è vero che tu hai attraversato lo stretto di Messina sul tuo mantello?
- Certo ch’è vero! Perché hai dei dubbi? - No, siccome si parla di un ponticello
da costruire per unire Calabria e Sicilia, e c’è chi a ragione lo avversa:
Avrei pensato: “Non potresti insegnare tu alla gente comune come si attraversa?”

Risparmieremmo un sacco di soldi, ed eviteremmo d’accrescere il vanto
di chi si pensa capace di costruire sulla terra, tutto quello che Dio si è dimenticato.
- Mi dispiace, non posso aiutarti. La gente mi ha visto volare, ma lo schianto
l’ho sentito io poco più avanti, quando sono caduto in mare ed annegato.

- In Sicilia non sei mai arrivato? - Mai! Stavo pescando sul porto un bel mattino,
quando infuriò una tempesta: io ero magrolino: per questo mi chiamavano Paolino.
- Allora dobbiamo sottostare a quel “prosopopeo” e far costruire il ponte?
- Non si farà niente: “la gente andrà in Sicilia ancora trasportata come fa Caronte.”

Però potresti provare con San Mauro: quello che senza accorgersene camminò
sull’acqua. - San Paolino se non si è accorto nemmeno che deambulò
sul mare, credo che non sappia alla gente insegnare l’attraversamento?
- Però potrebbe insegnare alla gente ad aver fede come l’aveva Lui nel sacramento!

- San Paolino, prima eravate fatti di un’altra pasta: diciamo un po’ più scemi,
ed andavate in giro con la lentezza delle tartarughe, attraversando lo stretto a remi.
Ci pensi oggi, specie d’estate, una folla che dalla Calabria la Sicilia invade
e San Mauro che sulla banchina ad uno per volta ad avere fede persuade?…

A proposito di attraversare, chi è quella ragazza che attraversa? - E’ Santa Oliva.
- San Prò, Olivia di braccio di ferro? - E sì, adesso fanno santi pure i cartoni animati?
- San Prò i cartoni sono divertenti, mentre ho visto santi che non sono mai citati.
- Su questo ti do ragione, ci sono santi che hanno fatto una brutta comitiva.

- E questa santa Oliva? - Santa Oliva era la bella figlia dell’imperatore Giuliano.
Venne dal padre concupita, e rimasto vedovo la voleva addirittura sposare,
ma lei si tagliò le mani bianchissime che il padre adorava e gliele fece recapitare.
Per questo gesto venne condannata a morte, ma i suoi aguzzini la lasciano

viva in un bosco, avendo avuto pietà. Seppure monca viene insidiata da un barone
e lei si difende con tale fervore che la Madonna gli fece le mani ricrescere
per farla difendere meglio. Rinchiusasi in un convento dovette respingere
le profferte di un turpe prete, che l’accusò di aver rubato un calice d’oro e ottone.

Nuovamente allo sbaraglio Oliva incontra il Re di Castiglia che la sposa.
- San Prò mi avete raccontato l’intera storia, ma io vi voglio chiedere una cosa.
- E ti pareva? - San Prò questa Oliva veniva da tutti corteggiata ed oltraggiata,
e lei invece di scappare si taglia le mani? San Prò questa è un’altra stronzata…

A parte il gesto insano, ma pur ammettendolo: seguitemi San Prò.
Oliva, con la mano destra si taglia la sinistra, e poi la destra come se la taglia?
Poi come ha fatto a fermare il sangue e l’infezione? - Ma tu guarda un po’
questo su cosa si appiglia, invece di pensare a quella gentaglia

e al dramma di una ragazza ch’è costretta ad un gesto così grave perché affranta…
- San Prò, poi però la Madonna gli fa ricrescere le mani: non poteva intervenire
prima che se le tagliasse? E per ultimo: Per quale motivo è stata fatta santa?
- Se la Madonna sarebbe intervenuta prima, adesso non avevano niente da dire:

perché non sarebbe successo niente di straordinario. Poi per il resto
cosa posso rispondere ad uno che va cercando in ogni istante il pelo nell’uovo?
- San Prò dite che non sapete rispondere e fate più bella figura, e anche più presto.
- Vittò, e meglio se non ti rispondo, perché farei peccato a dire ciò che per te provo!

Nientedimeno che in questo viaggio abbiamo incontrato migliaia, se non milioni
fra santi e non, e tu avessi mai fermato uno che ti andava bene? Ciò mi rincresce…
- San Prò secondo voi cosa avrei potuto scrivere sui santi normali o buoni
che stanno quassù a pascolare? “La gente normale non è né carne né pesce!”

Per la gente normale: Chi nasce è bello, chi si sposa è buono e chi muore è santo.
Quindi detto questo possiamo chiudere il libro. - Perché non potresti scrivere una
bella storia… - San Prò ho visto un uomo e due cani con la coda! - Grazie tanto.
- San Prò fate lo spiritoso? Ho detto così perché pure l’uomo aveva una coda bruna.

- Quello lì è il diavolo! - San Prò a voi non vi meraviglia il diavolo in Paradiso?
A me solo vedendolo s’arricciano le carni: ma questo Paradiso è carne o pesce?
- Ogni tanto succede che qualche dannato a scappare da qualche girone riesce,
e allora lui chiede una rogatoria per riprendersi “quel dannato inviso.”

- Scusate signor diavolo se fermo i suoi passi per domandarle: Chi deve catturare?
- Uno che da quando è arrivato, mi sta facendo avere un diavolo per capello.
- E chi sarebbe? - Si chiama Girolamo Savonarola: detto di Dio il martello.
Ogni giorno scappa: si vuole vendicare del Papa che lo torturò e fece impiccare,

e poi come se non bastasse lo arse pure. - Lui sta all’inferno e il Papa Alessandro Sesto
invece è in Paradiso? - Così va il mondo: non ho neanche un Papa all’inferno! Detesto
queste decisioni alla sanfrasò, ma il potere è nelle loro mani e loro decidono dove vanno.
Non dire al vecchio chi era il fuggitivo, perché io e Girolamo, due tre volte l’anno,

facciamo finta di scappare e ci veniamo a prendere un po’ d’aria fresca del paradiso.
- Venite in villeggiatura? - E’ l’unico modo per girare il mondo senza spender niente.
- Sapete che mi piacete più voi: a tanti santi che ho incontrato qui sopra sono inviso?
- Siete già iscritto nelle mie liste o devo scrivervi adesso? - E’ una cosa urgente?

- Urgente no, ma voi lo sapete che la sfortuna sta dietro alla porta. - Belzebù
adesso mi buttate le secce? - Io non auguro disgrazie a nessuno: qui l’aspetto!
Quando vogliono venire vengono: tanto che non ci guadagno niente lo sai pure tu.
(Chi scrive son sempre loro). Analizza il mio modo di fare e il loro, e metteli a cospetto.

Vedrai che io non scrivo, non parlo e non dico, e niente vi chiedo e chiederemo.
Non vi faccio sprecare soldi per messe, né per fiori, né per accendere lumini davanti
a statue e immaginette riprodotte da pittori da strapazzo: “che poi son pure inquinanti.”
- Vittoriooo, quando la vuoi smettere di correre appresso a questo blasfemo?…

- San Prò, ma non avete detto che non c’è collegamento fra l’inferno e il paradiso?
Come fa questa gente a scappare e giungere fino alle porte della casa di Dio?
- Dev’essere uno ricco che la guardia ha corrotto o un delinquente che l’ha ucciso.
Ma tu non lo sai che c’è qualcuno che ne sa una più del diavolo? te lo devo dire io?

- San Prò, tutto quello che dite voi, ma se non c’era collegamento qua non arrivava.
- Ufficialmente non c’è, ma poi se vai scavando nella mente dei potenti trovi
che all’insaputa di tutti hanno scavato tunnel o fatto un’autostrada o viadotti nuovi.
- Allora potrebbe essere pure qualche operaio che ci ha lavorato che scappava?

- E’ impossibile: quelli vengono uccisi tutti. - San Prò ma non erano già morti?
- No questi sono quei vivi che sulla terra non si trovano più e che voi chiamate
Desaparesidos. - Siete voi? Noi colpevolizziamo altri per averle ammazzate?
- Lo so, ma se a Dio serve manodopera e tu gli voti contro arrivi ai ferri corti.

- San Prò torniamo a prima. Invece di far salire il diavolo: perde d’eleganza questo
posto, non potevate prendere questo fuggitivo e rimandarglielo giù un’altra volta?
- Abbiamo detto che potrebbe essere un ricco o qualche signore poco onesto,
che anche qui distribuisce le bustarelle e viene da questi, ai ricercatori distolta.

- Allora questa è la riprova che non è vero che i ricchi non vanno in Paradiso.
- Ne abbiamo discusso già prima: questo è qualcuno che si è messo troppo
in mostra e non è stato possibile farlo salire qua direttamente: “nessun intoppo”
ma sarebbe troppo sfacciato, e allora dobbiamo fare a cattivo gioco, buon viso:

tenendo in debito conto le dicerie della gente e facendo tutto quanto sotto banco.
- Questo sarebbe il Paradiso? Io vedo solo d’imbroglioni e ladri un branco.
San Prò voi vi ricordate la Napoli antica dove non c’era della camorra la tassa,
ma andate a vedere la Napoli di oggi e ditemi fra voi e loro che differenza passa…

San Prò chi è quell’uomo che cammina come fosse niente, senza
accorgersi che da dietro una schiera di bambini gli buttano le pietre?
- E’ Giobbe, quel poverino di cui tutti approfittano perché porta pazienza.
- Credevo fosse Rochy Roberts che cantava: “Se sei bello ti tirano le pietre;

se sei brutto ti tirano le pietre; qualunque cosa fai tu sempre pietre in faccia
prenderai!” San Prò, adesso li caccio io quei bambini e gli faccio una domanda.
Signor Giobbe: tenga, beva prima un po’ d’acqua dalla mia borraccia,
poi se permette vorrei farle una domanda. - Scusa ma a te chi ti manda

a rompermi le scatole? Non bastano tutti questi cacacazzi che sopporto,
da quando sto qua sopra? Scusate signor Giobbe, io mi son permesso perché
giù da noi Lei è sinonomo di pazienza. - Si è vero, questa nomea giù porto,
però la pazienza ha un limite. - E il limite lo volete superare proprio con me?

- Vabbene, siccome sei stato gentile ad offrirmi l’acqua, fammi la domandina!
- Signor Giobbe, davvero avrebbe ucciso suo figlio se Dio non l’avesse fermato?
Non pensava al dolore che avrebbe inferto al ragazzo e alla madre: poverina?
- Io credevo nella giustizia Divina e non facevo altro: ridarlo a chi lo ha creato!

- Giobbe arrivederci, non ho altre domande. Ragazzi non gli date soste:
prendetelo a pietrate, quello nientedimeno stava uccidendo il suo unico figlio
soltanto perché una voce glielo aveva comandato! - Già di ritorno? mi meraviglio!
- San Prò che sfizio ci sta a fare domande ad uno che dà certe risposte?…

- Perché che ti ha risposto Giobbe? - Ha detto che Dio glielo aveva comandato
e lui senza interrogarsi qual era la cosa giusta da fare, l’avrebbe ammazzato.
- San Prò, voi l’avreste uccisa vostra madre se Dio ve lo avesse ordinato?
- E che fossi scemo? Quella poverina già è morta, quando mi hanno decapitato!

- San Prò; sento una musica conosciuta! - Viene da quei due vecchi all'angolo
fra il primo ed il quarto girone: Suonano e chiedono l'elemosina ai passanti.
- San Prò io sento che la melodia è napoletana? - Benedetto figliolo;
non mi dire che senti nostalgia? - San Prò; non sono il solo; vedete quanti

ascoltano e piangono: che per asciugarsi le lacrime ci vorrebbe un lenzuolo?
- Questi Napoletani: sembrate femminucce; sempre a piagnucolare
sulle presunte bellezze di Napoli: Ma davvero pensate di essere i solo
ad avere "Na casarella pittata rosa sopra ai Camaldoli", oppure nu poco e mare

come a Santa Lucia? Voi rimpiangete queste cose perché non vi muovete;
diventate vecchi e restate ancora attaccati alla gonna di mammà.
- San Prò parlate come se voi foste uno Svizzero o un Milanese! Voi, avete
lasciato Pozzuoli... San Prò; a voi per farvelo lasciare vi hanno dovuto decapità!

- Io… - Smettiamola con queste polemiche! San Prò mi posso avvicinare?
- Tu sei un cane sciolto; Posso mai dirti di no? - No? - Te lo consento;
però non essere scostumato e prepotente, e soprattutto lasciali suonare!
Se ti metti a parlare come fai tu, interrompi la fonte del loro sostentamento.

- Aspetterò una pausa, e per l'interruzione dopo li saprò ricompensare.
- Voglio proprio vedere la tua bella mano grassa se per quelli vale l'impresa.
- San Prò la mano mia è grassa veramente; a vostra invece sta rint e guantare.
- Cu è corn? - No San Prò: cu na mano tirata e n'ata perennemente stesa.

Chi siete e che fate in questo luogo? - Simme duje prufessure e cuncertino.
Nu juorne nu sapeveme che fa; pigliaime a chitarra e o mandulino,
e in Paraviso venettemo a sunà. Tuppittù San Piè arapite, ve vulimme divertì!
- Site ‘e Napule? ‘e trasite, e faciteci sentì. - Nuje v'amma fa sentì

doje o tre canzone, ca tutto o Paraviso addà cantà; suspire lacrime e passione
roba che solo a Napule ci sta. Ma poco dopo da malincunia ce facetteme piglià
e a Napule vulevemo turnà. San Pietro disse: “Siete pazzi a perdervi st'occasione!
Dopo, a truvà posto più difficile sarà! Che dicite? Non volete restare qua? “

- San Piè; "Nuje simme e nu paese bello assai, ca tutto tene e nun se fa lassà:
Pusillipo Surriento e Marechiaro: roba ca sulo a Napoli ci sta.
Ritt chest, S.Pietro se ‘ncazzaje; ‘nserrai a porta e nun ce facette chiù passà.
- Allora siete dei "Sequestrati"; San Prò perciò parlavate e nun e molestà?

Avete falsificato la canzone di questi poveretti facendoci credere che erano
ritornati sulla terra? - Erano già vecchi quando si sono presentati;
forse sarebbero morti durante il viaggio di ritorno; e poi come potevano
sperare di farla franca con San Pietro: "Con le loro mani si sono inguaiati!"

dicendo che per loro Napoli era meglio del Paradiso. Questo a San Pietro
non è andato giù ed è stato la causa per cui non li ha fatto tornare indietro.
- Prima che me ne torno porterò questo caso davanti a Dio in persona, e vedremo!
- Signore, non vi immischiate; non vi conviene, sono passati anni; dove andremo,

e chi vedremo? Qua ormai abbiamo trovato la posteggia buona a questo incrocio,
e mettimmo ‘a caccamella ‘ncopp o fuoco. Se nu fosse pa’ tassa che pagamm
sui diritti d'autore, ci ascesse pane, cumpanatico e pure o biglietto do tram!
- Perché qui si paga la SIAE? I soldi a chi li versate? - A chillu frocio

che vi sta aspettando all'incrocio! Vi sbagliate! Quello è San Procolo!
- Non ci sbagliamo: Tenimme quatt'uocchie e quatt'acchiale.
Tenitavello per vuje; nun ce lo riferite, se no ci mettite in pericolo!
Qua sono vendicativi: ci levano e strumenti e nce mannane 'o 'spitale!

Ormai i nostri ammiratori e i nostri cari sono passati tutti da questa parte.
Però se ci fate avere un permesso per suonare, una volta, alla "Zi Teresa",
vi saremo grati per tutta la vita. - San Prò; è possibile se pago io la spesa?
- Si può fare; Parlerò io con Pietro, senza scomodare Dio e gli daremo le carte

d'imbarco: "Per queste piccolezze non scomodiamo sua Eccellenza!"
- San Prò; le chiamate fesserie: sequestrare, facendo morire anzitempo
due persone Aum Aum; e senza neanche il beneplacito dell'Eminenza?
- Che vogliamo far succedere il quarantotto? Chiudi un occhio e io nel frattempo

ti faccio avere il permesso, pure senza spese, di cui abbiamo parlato dianzi.
- San Prò; è la prima volta che abbasso la testa davanti ad un ricatto;
ma se lo faccio, e mi siete testimoni, lo faccio solo perchè poc’anzi,
sono stato supplicato da queste due persone. - Ok, ma chiamiamolo patto,

transazione: questa parola ricatto mi sembra un po' eccessiva: Vuoi...
- San Prò; qua qualcuno si fa a "rattulella" e pensa solo ai fatti suoi.
A Napoli uccidevano tre persone al giorno e a nessuno passava per il cazzo.
A Milano hanno ucciso un tabaccaio ed ora a tutti quanti ci abbrucia il mazzo!

- Non ho capito che ci azzecca; vuoi alludere forse a qualche andazzo?
- San Prò ci azzecca, ci azzecca, non vi preoccupate, con la camorra
è difficile scoperchiare il coperchio? - Vittò, ma si asciuto pazzo?
Stai facendo un discorso che non tiene né testa né coda: Vuoi che li soccorra?

Allora? - Allora niente san Prò; fate fare un permesso a questi due signori
e togliamo di mezzo l'occasione. - Giusto! "A tirà, a tirà o verm addiventa serpente!"
- Quelli ci vorrebbero; ma dovrebbero morsicare solo a chi porta agli altri dolori!
- Non avevi detto che volevi togliere l'occasione? Mo' accummience nuavamente?

- San Prò; dopo questa esperienza voglio stare un poco in pace e non ho voglia
di parlare con nessuno: voglio stare un poco solo con me stesso.
- Dio ti ringrazio; finalmente un poco di pausa: "I piedi son ridotti come sfoglia
di cipolla." - "Mi sembrate Titti e o cane, tutti e due!" - Chi è stu fesso?

- Chiammalo fesso e puortatello a casa: Vittò ti presento Ulisse.
- San Prò; Ulisse quel figlio di Troia? - Amico vi sbagliate: Sono Acheo!
O volete fare lo spiritoso? Sappiate che chi si permise non visse
più di un minuto: oppure è andato a casa con la bocca come il Colosseo.

- Già sento il suono delle sirene! - Quella è stata una cosa solo a me permessa,
e non mi piace che girovaghi vantandoti di ciò che mi fece udire la mia profetessa!
- Ulisse, io non alludevo ai tuoi trascorsi, io parlavo della sirena dell’autobulanza!
- Allora stavi facendo il gradasso e mi prendevi in giro? Vita non ebbe abbastanza…

- Ulisse calmati; sono San Procolo, abitatore un dì di Cuma e dell'Averno
e il mio amico non aveva intenzione di alludere a tua madre e alle tue care
memorie: è solo un ignorante che non è andato a scuola! E' solo un eterno
rompiscatole. - San Prò ma perché mi devo tenere tutte queste parole amare,

quando è stato lui che ha incominciato con la storia di Titti e il cane?
- Vittò soprassediamo; se no questo con la nostra pelle si riveste il sofà!
- A malincuore vi accontento San Prò... Ueh, Ulisse: non speravo stamane
d'incontrare questo "immane pezzo... d'eroe. "E il cavallo? - Eccolo là.

- Ulisse; che fai ci riprovi con questo immenso cavallo di Troia?
- Neanche per sogno; lo tengo in ordine; perchè all'ippodromo gareggia.
- Perché non ti piacque l'astuzia? - L'astuzia si; ma che noia
aspettare chiuso dentro a quella pancia, in mezzo alla scorreggia,

puzzulente degli amici, che s'erano ingozzati, perché in un altro pasto si sperava,
ma non si sapeva se e quando lo avrebbero veduto. Ci fu una svuotata d’orci…
Un altro poco e mi sarei arreso; chi andava di vomito e chi invece defecava:
Insomma quel cavallo era diventato una cloaca, un agglomerato di porci.

- Ulisse, è vero che sei stato furbo; però secondo me anche il più stronzo,
quel cavallo lo avrebbe bruciato e non portato dentro le mura di Troia.
- Tu parli con il senno di poi: t'avrei voluto incontrare con in mano il bronzo.
- Certamente non sarei stato all'altezza; a meno che non mi prendeva la foja.

- Se ti prendeva questa "foja" come tu la chiami: cosa avresti fatto?
- Avrei fatto quello che fece mio nonno con Napoleone!
- E cosa fece questo tuo nonno eroe? Fammelo sapere; lasciami stupefatto!
- Niente! Scese dal cavallo da leone…e se la fece a piedi come un pecorone.

- Bravo! Ogni tanto ci vuole qualcuno che ti racconta barzellette intorno.
- Ulisse vuoi raccontare tu a me le tue peripezie, un’avventura? - Ricordo
che partii un giorno, dicendo: "A Penelopee; ‘nte preoccupà subito torno!"
Invece trovai Polifemo, la maga Circe e le Sirene: con Nettuno d'accordo

a impedire il mio ritorno. Ma come sai alla fine riuscii nell'impresa
e cacciai gli intrusi che scialavano a mie spese: e ognuno Penelope insidiava.
La difficoltà più grande l'ebbi la notte, quando Penelope si tolse la lisesa:
ma io ero stanco e dopo poco russavo. Che delusione! Chissà cosa s'aspettava

quella poverina dopo tanta astinenza. Ma poi dopo mi sono fatto e rifatto
perdonare della defaillance. Un Acheo è come un Napoletano:
alla buona riuscita di certe prestazioni dà molta importanza. Il mio ritratto
di forte coraggioso e astuto, non doveva essere sporcato: prima ero un uragano...

- Facesti cilecca? - Non me ne vergogno, tanto che in pubblico l’ho ammesso.
- A proposito di cilecca, ti voglio raccontare una barzelletta con un nesso.
Due amici erano a caccia di leoni. Ne videro uno, gli spararono, ma fecero cilecca.
Il primo rivolto al secondo: “cilecca”? l’altro rispose: No, ci mangia, non ci lecca!

T’è piaciuta? - Mi è piaciuto il gioco di parole, ma non ho capito cosa spararono a Leo?
- Mi ero dimenticato che ai tempi tuoi usavate solo spade e lance e le armi sputafuoco
non le avevano ancora inventate. - E’ vero! Coi leoni, i gladiatori dentro al Colosseo
usavano reti e forche e non sparavano niente. - San Prò pure voi accendete il fuoco?

Non basta Ulisse, che non so cosa rispondergli? Sembra facile, ma come si fa
a spiegare la pistola, il fucile, i proiettili con la testa di piombo, la polvere nera,
e che prima di sparare si deve alzare il cane, e poi, quando s’abbassa il cane: pà,
rumoreggia il fucile, e parte il proiettile con la testa di piombo e uccide la fiera?

- No, questa me la devi spiegare bene. Anch’io ho avuto un cane di nome Argo,
che alzavo e abbassavo a piacimento, ma t’assicuro che non sparava niente:
anzi a volte sparava, e spargeva nell’aria un profumo capace di mandarti in letargo,
ma non era capace d’uccidere un leone e manco un topo. - Io sono consenziente!

- San Prò vi ho testé pregato di togliermi le castagne dal fuoco, e voi invece soffiate?
Mannaggia a me e quando mi è venuta la voglia di raccontarvi una barzelletta!
Comunque, Ulisse, tanto per capirci, questo tipo di barzellette vanno raccontate
diversamente a seconda dell’epoca, in cui viene narrata, percui: “gli lanciò un’accetta”

diciamo, al posto di sparare.- Ho capito! Ora te la racconto io a te la barzelletta.
Due amici erano a caccia di leoni armati di lancia, e in uno che il pranzo aspetta,
incapparono. Gli lanciarono contro entrambe le appuntite aste, ma fecero cilecca.
Il primo rivolto al secondo: “cilecca”? l’altro rispose: No, ci mangia non ci lecca.

- Bravissimo, sei un portento! - Si però a me… - San Prò è chiusa così la storia,
non continuate ancora a buttare acqua sul fuoco. Io che non sarei più uscito pensavo;
invece, Ulisse ci ha dimostrato di essere intelligente e di aver da vendere memoria,
come dice la storia. - Mio padre mi diceva d’esser truce: se mi vedesse adesso l’avo?

- Ulisse, stammi bene. San Prò, vedo una stella cadente: pure qua possono cadè?
- Non è una stella: è l’Arcangelo Michele che ha acceso le luci d'atterraggio:
lo fa sempre, quando va sulla terra a prendersi del sole il più bel raggio.
- San Prò; Michele ora chi trasporta? - E' suonata l'ora di Fabrizio De Andrè.

- Viene in concerto? - No! E' stato colpito dalla falce che la morte sferra.
- Che peccato! Era giovane e ci poteva deliziare ancora per parecchio.
E' giusto prendersi un sì bel fiore, e lasciare la scartatura sulla terra?
- Non sono permessi scarti: sono presi a casaccio il giovane e il vecchio!

- Allora l'altra volta che ho visto la stessa cosa e per non disturbarvi mi parve
opportuno non far domande e mi trattenni: chi era quando vidi, tanti visi tristi,
e le piste erano illuminate a giorno? - Era il grande Lucio Battisti,
e le luci erano i suoi fans che accesero gli accendini appena lui apparve.

- San Prò; allora devo ritenermi un fortunato per essere qui in questo momento?
- In che senso? - Nel senso che: Fabrizio ha visto Nina volare;
mentre io ho visto volare Lucio e Fabrizio in mezzo ai Fans in raccoglimento.
San Prò; se l'aeroporto era più vicino in verità mi facevo accompagnare!…

* Il Visitatore Vittorio Gambardella è atteso al più vicino ufficio postale
per comunicazioni che lo riguardano; ripeto... - San Prò e ch’è successo?
Certamente qualcosa di grave per avvisarmi: fra noi non è un modo abituale
avvisare degli accadimenti: Per noi, dirle o non dirle le cose, fa lo stesso.

- Vittò; se era questione di morte già lo avremmo saputo perché siamo sul posto.
Quindi è qualche tua figliola che ti starà cercando da un lasso
di tempo. Non hai lasciato detto dov'eri diretto? - Gabriele tene o cuoccio tuosto.
Io glielo ho detto " Gabriè lasciamm' nu biglietto ncoppe o materasso!

San Prò nun facimme chiacchiere: dove stanno gli uffici postali più vicini?
- A quattro passi: dietro al girone dei postini. - Allora a chi aspettiamo?
Andiamo! - Adesso parlo io che sono santo e ti faccio vedere quanti inchini.
- Buongiorno; sono San Procolo... - Vada a posto, quando è il suo turno la chiamo.

- Adesso ci provo io! - M'hanno cacciato a me; e figurati! - Sono Gambardella...
- Si accomodi: la stavamo aspettando. - Il motivo me lo dica piano piano;
la prego. - Sono buone notizie, non si preoccupi. E' arrivato un fax della
protettrice di sua figlia Dora, Santa Dorotea, dove informano

che sua figlia ha vinto il concorso per Ricercatore alla facoltà di Sociologia
dell'Università Federico II di Napoli… - Non potete neanche immaginare
il mega grandissimo piacere che mi state comunicando! Quella figlia mia
se lo meritava: perchè è bella, brava, intelligente e faticatora. A festeggiare

prima andiamo; poi San Prò; potrei anche morire! - Ma che morire; hai ancora
altre due da festeggiare! - San Prò ce la faranno? - Certo che ce la faranno!
- San Prò; m'è venuta voglia di darvi un bacio in fronte per sigillar quest'ora:
posso? - Certo; però prima di lasciare quest'ufficio devo buttare uno scanno

addosso a quello stronzo: Per timore d'improfumarlo non lo sputo in faccia!
Vicino ad un Santo di questa posta si permette di dire: "Andate a posto"!
- San Prò; soprassedete, è festa: un altro giorno gli daremo pane per focaccia.
- Lo faccio per tua figlia: di quello stronzo avrei fatto un boccone arrosto!

Però dovresti ringraziare pure me che l'ho aiutata: Non te l'ho detto;
ma l'ho raccomandata! - San Prò per cortesia non iniziate a dire stronzate!
Mia figlia le raccomandazioni le schifa: “è comm'è o pate” e quindi non accetto
che si sporchi il verdetto: "Le cose che ha avuto nessuno gliele ha regalate.”

Quella guagliona si è fatto il mazzo tanto; le ha sudate. Vi avevo già avvertito:
"Non vi permettete più di dire queste minchiate!" - Uh Madonna! che ardore;
come te si arraggiato: Volevo solo partecipare! - Volevate prendervi un merito
che non vi compete, e questo come santo protettore non vi fa onore!

E' tutta farina del suo sacco, mia figlia è speciale; San Prò chella guagliona
non ha bisogno di questi mezzucci; Mia figlia è come Pelé, Ronaldo, Maradona;
e non ha bisogno di voi per progredire. - Allora i tuoi desideri sono esauditi
quindi la posso cancellare dall'elenco dei miei assistiti?

- San Prò; i desideri di un genitore non sono mai tutti esauditi, però
sono certo che potreste pure cancellarla; ma non spetta a me questa decisione.
La vita non sai mai quello che ti riserva: può succedere che mi "scimunirò"
un dì, e mi metto a pregare anch'io a voi: Se sarò savio è fuori discussione!

Quindi ve lo ripeto ancora: "Il merito non è vostro: è tutto suo!"
- Va bene, firniscila e t'accalurà; un attimo fa eri così contento: Lo ammetto:
"Non ho fatto niente!" Va bene? Mi sono sputtanato pubblicamente? E' un tuo
diritto pretendere il giusto. - San Prò è la prima cosa giusta e vera che avete detto!

San Prò, Vi volete fare due risate? Stavo scrivendo con il Word ed ho chiesto
un controllo ortografico. Sapete cosa dice il computer quando non riesce?
Ha incontrato il vostro nome e ha detto: “non esiste il nome da voi richiesto
nel dizionario, suggerisco di usare o porcello o broccolo:”San Prò vi conosce

pure il mio computer: ah,ah,ah. - Queste erano le risate che mi volevi far fare?
Secondo te dovrei ridere? Ammettiamo il caso che volevi farmi arrabbiare:
cosa m'avresti detto? - San Prò scusate ero euforico, non la prendete a male:
Non ero capace d'intendere e di volere. - Allora eri normale!

Dopo festeggiato, ti faccio visitare una Sinagoga: però levati le scarpe
prima d'entrare. - San Prò io solo questo paio tengo!
- Non far lo stronzo, chi vuoi che rubi queste due...sarpe?
- San Prò chiamatele come vi pare ma io le scarpe le trattengo…

- Vieni entriamo! - Quel prete lo conosco; San Prò lo chiamavamo il Rosso!
- Comunista? - No! venditore di frutta, sigarette e lecca lecca.
Era scorbutico e ignorante e bestemmiatore a più non posso.
Forse era dovuto al fatto che non aveva figli e lo chiamavano:"Cilecca".

Aveva una bestemmia diversa per ogni suo cliente, ma non si capiva:
bestemmiava fra i denti. Come mai é qui e lo hanno fatto prete?
- Non é un prete! Sta qui e continua a bestemmiare ognun che arriva;
ma guardandolo da lontano sembra che preghi: e questo gli compete

per scontare la sua condanna. - Uh, San Prò, zia Filuccella!
Zia Filù, state bona? Vi trovo cambiata solo nella toga,
per il resto come eravate, sempre uguale, con quella borzettella
stretta in mano, ca nun lassate mai nemmanco nella sinagoga.

A proposito, che ci fate voi "cattolica" in una sinagoga?
- Dicono che mi sono comportata sulla terra, come un’ebrea,
e mi hanno convertita a questa religione. Dicono pure che con la Moka
ho avvelenato le giornate a un sacco di persone. Manco per idea!

Io usavo il migior caffé che si trovava sulla piazza,
forse l'errore stava nel fatto: che al mattino mettevo il caffè,
poi fino a sera cambiavo solo l'acqua. Quando lo versavo nella tazza
si sentiva un’aroma: Molti per quel caffè perdevano le staffe!

- Zia Filù, ma da questa parte, la borsa a che serve tenerla così stretta?
- Qua é tale e quale; basta che ti distrai, e se fregano a burzetta…
e pure o posto! Zia Filù, una curiosità: Ma sta borsa, che contiene?
Ci tengo i soldi di rame fuori corso e una candela, per quando viene

mia sorella Puppenella, e coi quattro soldi giochiamo a zecca a muro.
Poi, quando a sera ci viene voglia di leggere il rosario,
accendo la stearica e la stanza s'illumina a giorno, al posto dello scuro.
- Zia Filù me la ricordo la vostra illuminazione: "Un salone mortuario!"

Zia Filù, come mai vi vedete solo con la zia Peppinella,
e non con zio Gennaro, zio Mario o zio Antonuccio?
E come mai avete smesso di rompere con quella campanella?
- L'aver perso i nipoti prediletti, e la campanella é un mio cruccio:

Oltre a quello che tua madre non mi volle tenere
quando io perdetti l'uso delle gambe.
Eppure gli avevo promesso in eredità il mio podere?
Voi avevate di bisogno e non mi avete presa? Che gente strambe

che siete i Gambardella, rifiutare un’offerta così vantaggiosa:
Con i miei soldi avreste campato meglio, e mangiato tutti i giorni.
- E meno male, zia Filù che non vi abbiamo presa, vivere é una cosa,
ma con voi in casa, non avremmo gustato né i primi e né i contorni!

Certo che si poteva fare anche per carità cristiana;
ma voi e vostro cugino prete, Maddaluno, eravate cristiani?
Vi siete ricordati di noi, solo quando vi cacavate dentro la sottana;
mai quando avevate più del necessario, e noi ci davamo a morsi le mani!

Per paura che noi potevamo chiedervi un prestito; andavate solo dai parenti
ch'erano pieni di denari. Zia Filù, vi avremmo insegnato ad essere cristiana,
se vi degnavate di venirci a trovare magari una volta a settimana.
Voi ci volevate emarginare; appartenete a quella razza: "Parenti = Serpenti!"

I proverbi non si sbagliano, (forse li hanno cuciti addosso a voi), quando
dicono: "I parenti sono come le scarpe: più sono stretti e più ti fanno male!"
Con noi; potevate star certa che: anche senza leggere rosari e non andando
a messa, se venivate all'ora di pranzo avremmo aggiunto a tavola un commensale!

Non vi avrebbero messo nella sinagoga e come ebrea marchiata:
di questo ne potevate star certa: "Voi anche qua siete la stessa!
I morti riconoscono gli errori! A voi neanche la morte vi ha cambiata:
"Neanche Dio ha accettato come buoni i vostri rosari ed ogni messa!"

- Vittò lasciamo stare questa burina, che di tua madre era cugina.
(ca quann vire i tuoi parenti, invece e t'arricrià te nfuria!)
Passa a ca' nu treno, ogni mez'ora, e ce ne jammo n'cullina,
a San Clemente, e te faccio assaggià, doppe magnate: "Anguria!"

Rossa, ammatura come Dio comanda...- Mi hai chiamato?
- No Maestà, è la solita interferenza .- Io perciò:
"Non nominare il nome di Dio invano vi avevo comandato;"
Per non avere queste rotture a ogni momento: "Pronto, che vuò? "

e dall'altro lato abbassano senza aprire bocca.
"Se lo prendo a questo stronzo avvolto nelle fronde,
gli faccio cadere i denti dalla bocca! Come sentono che mi abbiocca,
così incomincia che c'è qualcuno che mi chiama e non risponde!"

- Maestà, non ci pensate, sarà qualcuno preso dalla timidezza!
Voi avete sempre detto: "Di me si deve aver timore!"
- E' vero; ma se non legavo il timore verso me, alla salvezza:
Chi mi avrebbe rispettato? Hai visto l'arbitro? Non è amore

quello che sentono i ventidue per lui, ma, "hanno timore"
che cacci dalla tasca il cartellino giallo, o peggio quello rosso.
Se gli dai un dito, si prendono la mano. - Grazie Maestà dell'onore,
ma stavo portando questo giovanotto da San Clemente... Posso?

- Andate, andate, che io ho altro da fare! - Allora dicevo alfine:
rossa, ammatura, come...X comanda, senza semi che van nella dentiera.
E' stato San Clemente che ha inventato pure le arance clementine!
Insomma, assaggialo e capirai se quello che ho detto è cosa veritiera!…

Il treno è arrivato puntuale; era piccolo, solo due vagoni.
Siamo saliti e San Procolo ha trovato un posto e si è abbioccato!
Andava piano, fra colline e gente che mieteva il grano. Alle stazioni,
il treno si fermava, qualcuno voleva salire, ma veniva cacciato…

- San Prò... Ehi! chist dorme sempre! Controllore, dorme il mio Santo,
che linea fa questo treno, e perché quelle persone non le avete prese?
- Questo treno, proprietà della ex Dea Cumana, fa Torregaveta - Montesanto,
e quella gente non può andare in questo verso: sono anime perse,

e al ritorno li caricherò senza esclusione, anche a forzatura,
e li porterò in quel luogo solitario, dove regna solo la malaria!
- Capo, state parlando di Torregaveta? Adesso si va in villeggiatura!
Da quando mancate dalla terra? - Solo dal 1941 non respirai più aria.

Giovanotto, non è che mi dai a parlare perché non hai il biglietto?
- Capo, ma io vi conosco? tengo o ritratto vuost a casa mia?
Vuije me site pat, Papà! - Ma tu chi si? - Io song ‘o pioccoletto!
Papà, sò Vittorio! Io ero piccolino quando ve ne andaste via!

- Siv' nu strummulillo quando t'aggio lasciato, e gia' stai ca'?
- No Papà, so venuto soltant a ve truvà. - E stu viecchie co' monocolo
ca' fa vedè ca rorm pe nun pagà o' biglietto, chi é? addò va'?
- Nun o cunusc? E' o protettore do' paese nuost': papà, è San Procolo!

- Ah è Isso! Mo pensavo meglio a verità! Vittò, stai bbuono?
Si crisciuto, te si fatto viecchio! Io te facevo ancora minorenne;
E gli altri di casa stanno bene? state in buone condizioni o in abbandono?
- Papà, tu pienz sulo a faticà? Pe faticà si muort, e nun t'arrienne?

Te cride ca purtanne e sorde a casa, hai fatto tutto: Nun sai
neanche si e figli tuoi song vivi o muorti? Nun sai neanche che Franco
o uttanta ci ha lasciato? Di tua figlia Dora e mammà, penz che ossai?
- Comme no! e m'è dispiaciuto assai, ma Franco: "O' meglio do branco"

l'ha vuluto o Signore: A prossima fermata, sceng e me vaco a' nfurmà;
e po' sta certo che se nun me piace addò l'hanno miso, o faccio trasferì!
- Papà, tinita sta' putenza? - Na mano lava a nata: nun faccio pagà
a tutti e figli e Dio, e Isso, se gli chiedo una cosa nun me fa sperì!

- Mammà addo stà? - Luisella sta rint a nu spitale, ammereca e ferite:
fa ‘a 'nfermera! - Figurati! Mammà sveneva se vedeva o sang e pesce?
Quanne si muort tu: se ne fujuta! E' meglio se mi dite ca nun o sapite!
- E' verità quello che ti dico: Cà simm' anime e sangue nun ce n'esce!

E a quale spitale stà? Ce porta chistu treno? - No è tutto a natu lato!
Quanne tuorn arret chiedi do Purgatorio! - Pecchè là l'hanno mettuta?
E nu hai fatto niente? S'er io addiventavo nu pazzo sfurriato!
Chi a fatta chesta scelta se meritasse a capa araputa!

- Ci tiene pe mammeta èh? O purgatorio è ‘u nomme do spitale,
addò vanne a fenì tutti i Napulitani, pevvia ca o mierico nurmale
nun capeva o malat che malatia teneva: "Ghe se'? Addu'allè stu male? "
"Dottò, teng nu rulor e panz e m'è venuto n'arruvuoto ‘ntistinale,

cu na scioveta e cuorpo mulliccia..." Secondo te: 'o puvuriello che capeva?
E allora o mannava addò chillo ca capisce a malatia senza spiegazione.
- Dal veterinario? Nun puteveno mettere n'interprete? - Ce ne vuleva
uno pe riggione, pecchè pur o Napulitan nun capeva o malato pulentone!

Vittò io sceng, vaco a verè fratete addò sta! Tuorn ancora, so stato
cuntent e te vedè. Si vien' ancora teng tanta dumande a farte;
E scit a stu viecchio, se nun o scito comme fai a sapè se si arrivato?
- San Prò, scetate! - Chedè, steve scetato! Liggevo stì doje carte!

- O treno mo se ferma, e vulevo sapè s'avimma scennere o cuntinuà?
- San Prò, io song o pat e stu guaglione, ve raccumanno trattatammillo
buono, e io, quanne venite rint a chistu treno, nun ve faccio pagà!
- Ma io so Santo, song abbunato, cu tren e tram: Uiccà teng o sigillo!

- Rint o tren d'Achille nun vale sigillo; paga o sant e paga o peccatore!
- Capo scusate non lo sapevo... Allora stieveve dicenne? - A Vittorio,
trattammillo buono! - Capo, sta sotto o manto mio e do' Signore,
pirciò state tranquillo. - Roppe accumpagnate mio figlio o purgatorio!

O' treno nun se fermaie nemmanco e Isso già ero sciso e corze!
- E' nzisto patete è? Nun fa scappà na' mosca, però neanche l’occasione.
- San Prò a me nun me piace chist 'andazzo, però mica cu forze
pateme v'à obbligato?... A vuje pure ve piace a cuncussione!

- Guagliò, a paga e nu santo song e preghiere,
e qualche surdariello che ci arriva come offerta,
ma spiegancella tu chest a 'o salumiere.
Isso fa: cà e pezze e cà o sapone, e tena a mano aperta

anfino ca nun se sente o sord 'mmano. Priparete che scendiamo!…
* "Stazione di San Clemente, i viaggiatori si mettano in fila
per un controllo di polizia." - San Prò perché nun ce ne andiamo?
Teng a macchina senza revisione e parcheggiata in curva: fuimm a sta trafila!

- Qua' nun cuntrollene stì cose terrene, cà cercano i clandestini:
chi è sfujuto a surviglianza e invece e Torregaveta vo ì a Montesanto.
- E comme fanno a cunoscere chillo 'a chill'ato? - Appena t'avvicini,
s'appiccia a luce verde, si sì chillo, e rossa si invece sì di chill’atu canto.

- Comme all'aeroporto? - Comme? - San Prò nun ve sito aggiurnato?
Nun è venuto mai nisciuno che vi ha detto ch'avulato?
- Comme no, ma subito l'avimme chiuso o manicomio e Nola:
addò nce stanno chillo che crerene ca pure o ciuccio vola!

"Sul all'Angelo volano": se dice o paese mio!
- San Prò, n'avota! mò avolano chiù cose nel gelo
del celo, ca mosche ncoppa a terra! Quanne è vero Dio:
nce stanno aerei, satelliti...add' che Angelo!

- E comme mai Dio nun se ne accort ancora di quest’opra?
Distruggette in un attimo la torre di Babele,
solo pecchè l'avevano aizata un piano sopra.
Ma po' c’è pericolo pure per Michele,

quanne e vote o mannamme 'nterra per missione!
Si sape ca ce venene a sfottere fino a ca nncoppa,
è capace pure e fa venì ncoppe a terra n'eruzione,
e dint' a niente a terra addiventa tutta quanta loppa!

- N'avota s'è arraggiato e ci ha mannato l'acqua;
mo dici che se s'arraggia ci manda 'o fuoco:
San Prò, ma chistu Dio ancora nun se stracqua?
stì distruzioni l'avesse pigliate forse come un giuoco?

San Prò, pe' piacere, nun ce 'o dicere ancora,
facimmice primme sta magnata a du Clemente;
pò, penzannice bbuono, se ce lo dici ora:
ncoppe a terra: che me salvo io sulamente?

Si nò rincello e vide Isso, che arraggiona meglio di me e voi,
cosa dispone! - T'accuntento, anche se chest’ fosse chiù urgente.
T'aggiu prumesso o pranzo bbuono e anguria addu Clemente:
poi dopo glielo dico...e speranne ca salvasse a te e i tuoi!

- San Prò è over ca San Tummaso D'Aquino è o patron vuosto?
- Io sò libero, nun teng padroni. San Tummaso è stato annuminato
patrono del clero Puzzulano, e io, quanno l'hanno pruposto,
nun ero chiù clero, ero già Santo! - San Prò e pecchè hanno spustato

il vostro onomastico dal diciotto Ottobre al sedici Nuvembre?
- Fu Cavalcanti, 'o Calabrese, ma nun o facette p'arrecarmi offesa;
lo facette sultanto pecchè o cuntadino, teneva ‘a faticà a Ottobre;
e quindi pe mancanza di tiempo nun andava a festeggiarmi in chiesa!

- San Prò e Carlo Borromeo? - Uhe! me vulisse fa pe caso o terz grade,
oppure si venut pe me fa n'esame e stato? Avimme jì ‘a mangnà? E ghiammo!
Mangnamme, po' pariamme, e po' hai voglia e fa dumande! Abbi pietade!
A strada saglie e stong stanch’, pirciò si parlà assai, nce ‘ntussecammo!

Mo chiano chiano arrivammo da Clemente, ci sediamo e aspettiamo gli eventi.
- San Prò, chi l’ha invitata tutta chesta gente? pagate voi, io non caccio alcunchè!
- Ma quala gente: siamo solo io e te. - Voi mi avete spaventato: avete detto venti.
- Vittò io non tengo che te, tu non tieni che me…- San Prò non teniamo un granchè!

- Io ogni tanto cerco di essere cerimonioso per addolcire l’andazzo,
e tu te ne esci con queste battutine delle tue e rompi l’atmosfera.
- San Prò è la prima volta che uno mi dice che rompo l’atmosfera.
- Perché gli altri cosa ti dicono? - Mi dicono che gli rompo il cazzo…

- San Clemè, buongiorno, me so purtato appriesso stu guaglione,
pe nce fa assaggià a cucina toja: dice ca Ciuffello cucina chiù buono!
- Prò, non ti preoccupare, a questo ragazzuolo gli farò di cacciagione
un misto, che poi dovrà dire: Dammene ancora: è una melodia, un suono!…

E accussì fu. Magnaime comme a puorchi, e chiatti comme a vacca
ci susetteme dalla tavola. San Procolo appena si aizò, si assettò di colpo:
"Nun ha retto o "Lacrime e Cristo": e o culo da seggia nun se stacca."
Pruvò, uno, doje, fece un ruottolo e s'ammollò nella sedia come un polpo.

"Lassalo sta!" dicette San Clemente: "E viecchie accussì sò!"
Ci vuol pazienza: Tanto è presto e il treno cammina ancora per due ore.
Per ingannare l'attesa, vuoi prendere un amaro, o un dolce roccocò?
- Grazie San Clemente, ma preferisco uscire nel giardino: Qua si muore

dal caldo! - Il caldo che senti non è fuori, ma è dentro di te
per quello ch'hai mangiato: Non vedi chi è digiuno com'è imbacuccato?
Guarda che ho acceso anche l'aria condizionata. - Alla faccia di me!
A me sembrava solo di spiluccare, invece San Clemè me so abbuffato?

Preferirei, se non sono di disturbo, un bicchierone d'acqua gelata.
- E' nostro dovere servire i clienti; Mosè, porta l'acqua al signore!
- Eccolo servito signore, l'acqua che ho portato è congelata.
- San Clemè, questo chi è? Non è per caso Mosè dell'Egitto disertore?

- Certo, che è lui! Si presentò chiedendo se poteva fare il cameriere,
con in mano una lettera di raccomandazione: me la diede e tacque!
Lessi: "Il latore della presente è specializzato ad aprire l'acque."
Ed io l'ho assunto, e destinato a fare il sommeliere.

- San Clemè, vi siete sbagliato; era altra, l'acqua che sapeva aprire!
- Non ti preoccupare, se la cava bene con tutte le bottiglie,
ed è contento di questo mestiere, perché qui si mangia senza patire
per quarant'anni nel deserto, mangiando solo manna e quaglie!

- San Clemè permettete che faccia qualche domanda al vostro dipendente?
- Se lui vuole ti può rispondere, c'è poco da fare in questo momento.
- Mosè posso? - Certo signore, sono a sua disposizione, completamente.
- Ecco proprio questo che ti volevo contestare: l'ubbidire senza lamento.

- Sono domande o contestazioni che mi vuole fare? - Entrambe: se vuoi rispondi.
Mosè non ti capisco: non ti sei mai lamentato e a me non mi fai manco iniziare
e già stai contestando? - Secondo me tu con un altro mi confondi:
a me mi chiamavano: "Il contestatore d'Egitto." - Mosè ma vuoi scherzare?

Non è mia intenzione mettere zizzania, ma secondo me Dio ti ha usato
e poi ti ha scaricato. - Che sono in Paradiso non ti basta?
- Per quello che hai sopportato meritavi di trovarti in un altro stato,
e non qui a fare il cameriere: a vedere quale vino chiede quella pasta!


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